Le certificazioni degli impianti hanno un importante ruolo nella compravendita immobiliare poiché il venditore deve dichiarare l’eventuale carenza all’acquirente sin dall’inizio della trattativa.
In questo caso è doveroso specificare che il diritto non vieta di per se la vendita in assenza delle dichiarazioni di conformità stesse, ma punisce il vizio della mancata comunicazione della circostanza.
Vediamo insieme alcuni aspetti strettamente legati alla compravendita e come evitarsi problemi derivati dall’eventuale mancato rispetto degli obblighi di chi vende una casa o un altro immobile.
Cosa sono le certificazioni degli impianti
Le Di.Co (dichiarazioni di conformità) sono certificazioni rilasciate dall’installatore di un impianto tecnologico per certificare la rispondenza dello stesso alla normativa in essere al momento dell’installazione. I più comuni nella compravendita sono:
- Impianto elettrico
- Radio – televisivi
- Termico e condizionamento
- Idrico e sanitario
- Prelevamento acque pubbliche
- Prevenzione incendi
Dove le prime 4 voci sono caratteristiche di quasi tutte le compravendite, le altre risultano specifiche per situazioni dove, ovviamente, sia presente la dotazione.
La certificazione inerente il prelevamento acque pubbliche per mezzo di un pozzo artesiano uso domestico è la scheda pozzo.
In ordine alla prevenzione incendi, il CPI (certificato prevenzione incendi) è obbligatorio per autorimesse comuni interrate composta da più di 9 autorimesse.
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Sono un Agente Immobiliare abilitato da oltre 15 anni. Mi occupo della vendita di case ed immobili commerciali.
E’ possibile vendere un immobile senza le certificazioni degli impianti?
Si, è possibile ma è fondamentale che l’acquirente sia stato edotto sin dall’inizio della trattativa. Questo significa che nella proposta di acquisto e/o nel contratto preliminare deve essere ben specificata la mancanza. Non solo, va specificata anche l’accettazione senza pretese economiche della mancanza da parte dell’acquirente.
E’ l’ennesimo punto del mercato immobiliare che sottolinea quanto riporto in quasi tutti i miei testi sulla compravendita. E’ fondamentale, prima di mettersi sul mercato, di verificare e controllare tutti i documenti per la vendita di un immobile.
Quando ciò non avviene, il rischio di stringere pattuizioni sbagliate negli accordi preliminari è alto, anche solo per la nativa carenza di informazione tecnica del venditore medio.
Il punto è molto semplice, se nella proposta il proprietario non menziona la carenza delle Di.Co dovrà rimediare prima del rogito pena il risarcimento del danno all’acquirente.
Quanto vale una casa con gli impianti non a norma? Il calcolo è abbastanza rapido ed è dato dal valore ipotetico della casa a norma defalcati i costi di messa a norma. Questi ultimi possono essere molto variabili, dalle poche centinaia alle migliaia di euro nei casi in cui siano necessari interventi importanti.
L’epoca di installazione e certificazioni vecchie
La prima Legge sulla conformità degli impianti tecnologici è la 46/1990, ad essa sono poi susseguite diverse altre legiferazioni fino all’attuale 37/08 oltre specificazioni della medesima.
Parliamo quindi di 40 anni circa in cui le normative sono profondamente cambiate in base allo sviluppo tecnologico e della giurisprudenza.
Se hai una certificazione del 1993 , l’impianto può considerarsi a norma nella compravendita? Ni.
La soluzione in questo caso è la corretta recita contrattuale negli accordi negoziali. Ovvero, specificare che gli impianti tecnologici a servizio dell’unità sono a norma per l’epoca di installazione, dotati delle relative certificazioni e funzionanti.
Questo ti mette al riparo da eventuale pretese dell’acquirente nel caso di vecchi impianti e vecchie certificazioni.
Come fare se non si trovano
Se non ti sei mosso con giusto anticipo nel controllo della documentazione e ti sei accorto troppo tardi di non avere le certificazioni puoi:
- Verificare con l’installatore
- Richiedere copia allo sportello unico per l’edilizia
- Provvedere a redigere una Di.Ri
- Mettere a norma gli impianti
Se la ditta installatrice è ancora in attività hai buone possibilità che abbia mantenuto in archivio una copia delle certificazioni, il che risolve il problema gratuitamente e nel tempo di un’email.
Il secondo tentativo è quello di produrre un accesso agli atti presso lo sportello unico per l’edilizia, se non lo hai già fatto per la relazione tecnica integrata. Da diversi anni gli installatori hanno l’obbligo di depositare copia delle certificazioni.
Quando entrambe le ricerche danno esito negativo e l’impianto è stato realizzato tra il 1990 ed il 2008 , puoi redigere una Di.Ri, la dichiarazione di rispondenza. Può farla qualunque ditta abilitata e consiste in una dichiarazione postuma di rispondenza dell’impianto alla normativa.
Sempre che lo sia, la Di.Ri è possibile solo quando gli impianti hanno i requisiti tecnici previsti dalla normativa stessa.
Dove hanno fallito tutti i punti sopra, l’unica soluzione per non finire in negoziazione è quella di mettere a norma gli impianti prima del rogito. Purtroppo, specialmente in caso di vecchi immobili, può essere un’attività meno profittevole della negoziazione con l’acquirente.
Quando è obbligatorio presente le certificazioni impianti nella vendita
Le certificazioni di conformità degli impianti sono requisiti indispensabili per l’ottenimento dell’agibilità dell’immobile e ciò crea, di fatto, una casistica che ne impone comunque la presentazione.
La prima riguarda proprio immobili privi di autorizzazione all’uso. Se da un lato è possibile vendere casa senza agibilità, dall’altro può essere pretesa la nuova richiesta da parte dell’acquirente non preventivamente edotto della mancanza.
Per le nuove costruzioni, vige l’obbligo a doppio filo con il concetto di agibilità stesso. Il costruttore ha il dovere di presentare in stipula del rogito l’agibilità del bene in vendita e per fare ciò dovrà aver prodotto le certificazioni deli impianti.
Risulta inoltre l’obbligo indotto di presentazione tutte quelle volte in cui non si è comunicata l’assenza delle conformità all’acquirente nel contratto preliminare ed egli rifiuta la negoziazione. A tal punto o si provvede o scatta la possibilità di rivalsa sulla caparra versata.